In margine alla Mostra del Mezzogiorno   (Pagine 10 )      Fonte : Bollettino d'Arte - Nr II Aprile-Giugno 1953

{\rtf1\ansi\ansicpg1252\deff0\deflang1040{\fonttbl{\f0\fnil\fcharset0 Arial;}} \viewkind4\uc1\pard\fs24 CLAUDIA REFICE \par IN MARGINE ALLA MOSTRA DEL MEZZOGIORNO \par ANTONIO MANCINI \par RASSEGNA di opere di Antonio Mancini esposta quest'anno alla Mostra del Mezzogiorno a Roma ha avuto se non altro il merito di riproporre, con una selezione dei momenti pi\'f9 signi- ficativi dell'attivit\'e0 manciniana, la necessit\'e0 di un nuovo esame di tutta l'opera del pittore romano. Infatti, co- me accade ancora a molti artisti del nostro Ottocen- to, quali il De Nittis, il Torna, il Boldini, il Lega, anche Antonio Mancini non ha avuto la buona ventura di una critica pi\'f9 oculata e aggiornata, che dia modo di guardare alla sua opera con giustezza di analisi e pi\'f9 sicure garan- zie di giudizio. Oggi egli come altri artisti, pur note- voli e interessanti, del suo tempo vivono nell'affettuo- sa ammirazione della gene- razione passata, legata al gusto dell'ultimo Ottocen- to, o nella polemica degli antimodernisti: mentre al- l'estero o non sono neppure ricordati o lo sono in senso negativo, quale espressio- ne di un'arte casalinga e tradizionalista, lontana dai rinnovamenti attuati so- prattutto dall'impressioni- smo. Tale giudizio, del re- sto, \'e8 generalmente condiviso dalla stessa critica mi- litante italiana, che soltanto in questi ultimi anni ha iniziato un tentativo di revisione rivolto pi\'f9 che al- tro all'indagine dei problemi generali e non all'esame delle singole personalit\'e0, di cui continuano a mancare, appunto, complete e recenti monografie critiche: mentre un'obiettiva critica " storica,, potrebbe impedire da un lato di ricadere nell'eccessiva valutazione che alcuni, per ragioni ultracritiche, ne hanno fatto e, dall'altro lato, di toccare, aprioristicamente, l'eccesso opposto. \par Tale situazione di giudizio \'e8 dovuta, credo, soprattutto all'ancor durevole convinzione che particolarmente nel secondo Ottocento i nostri pittori abbiano svolto, tutti, un'attivit\'e0 provinciale\'bb) Poich\'e8 \par l'attributo, se non erro, vuol poter dire, a rigore, mancanza non di adesione o di imitazione a forme estere, ma di conoscenza culturale dei movimenti artistici degli altri paesi e poich\'e8, in \par realt\'e0, \'e8 venuto man mano acquistando proprio quel primo significato, improprio e certamente pi\'f9 grave, sar\'e0 bene soffermarci alquanto su di esso, al fine di meglio inquadrare l'arte del Mancini, che \'e8 strettamente legato alle vicende \par " internazionali \'84 della nostra pittura ottocentesca. \par Il giudizio praticamente negativo sugli artisti italiani di quel tempo si \'e8 stabilito, infatti, non tanto per la convinzione che essi trascurarono la diretta partecipazione culturale al \par nuovo movimento artistico europeo 2) - e, in esso, soprattutto alla civilt\'e0 impressionistica - quanto per il fatto che non furono capaci di sentirne l'importanza storica, rimanendone \par cos\'ec esclusi per pura incapacit\'e0. Ci\'f2 comporta un giudizio ancor pi\'f9 severo che, andando oltre la definizione di provinciali, vale a dire isolati per inconoscenza nel comodo ricordo di una tradizione passatista, finisce col considerarli ancor pi\'f9 poveri di idee e di \par slanci innovatori e relegarli in un canto mentre si appagano dei loro piccoli problemi e volontariamente chiudono gli occhi di fronte alla realt\'e0 del gran mutare dell'arte. Ma tale valutazione, se esaminata pi\'f9 attentamente, risulta arbitraria e ingiusta per varie ragioni. \par \par I contatti dei nostri artisti con l'estero, e in parti\'accolare con i francesi, fu nel secondo Ottocento vario e ricco, assai pi\'f9 di quello che comunemente non si pensi. Dal Viaggio dei primi macchiaioli a Parigi nel 1855, in occasione dell'esposizione universale, non c'\'e8 stato artista italiano - eccettuato, unico, il Lega - che non abbia compiuto il suo rituale viaggio in Fran\'accia. Cammarano, Signorini, Boldini, De Nittis, Fon\'actanesi, Fattori conobbero o furono amici di Renoir, Corot, Manet, Degas, Rousseau, Daumier, Cour\'acbet, C\'e9zanne e ne conobbero le opere e i programmi. Tuttavia accadde loro, e ad altri italiani come allo stesso Mancini, un fatto singolare, che ha delle precise e semplici ragioni storiche. Avvenne, infatti, che, pur essendo venuti a diretto contatto con gli innovatori dell'arte francese, essi si trovarono nell'impossibilit\'e0 di apprezzarne pienamente il significato. Non fu que\'acstione di incapacit\'e0 collettiva, ma di una immaturit\'e0, le cui cause sono da ricercare nella storia sociale della prima met\'e0 del secolo. In quel periodo gli italiani erano stati costretti, dalle condizioni politiche soprattutto, a bivaccare sulle ultime luci del neoclassicismo dive\'acnuto formulario accademico: cosicch\'e8, mentre la Francia nel 1915 aveva perduto l'impero e non l'in\'acdipendenza nazionale e solo in parte le libert\'e0 con\'acquistate dalla rivoluzione e vedeva nel ritorno del regime reazionario succeduto a Napoleone non un ritorno alle antiche forme, ma una ragione di pi\'f9 per combatterle - permettendo agli artisti pi\'f9 spiritual\'ac mente dotati di continuare il naturale e libero sviluppo dell'arte francese - in Italia si trattava non soltanto di ricostruire l'integrit\'e0 nazionale, ma soprattutto di rinnovare le menti dell'intera societ\'e0 e, in essa, degli stessi artisti, che sentivano pi\'f9 degli altri la necessit\'e0 di eguagliare in un'unica libert\'e0 spirituale la vita civile, politica e artistica e che immaturamente cercavano perch\'e8 fatalmente eredi di un mondo an\'accora incombente, con i suoi pregiudizi e i suoi gusti, pi\'f9 delle stesse " accademie \'84 artistiche. \par Tutto questo accade ancora all'inizio del secondo Ottocento. Tuttavia il rinnovamento della societ\'e0 \'e8 progredito e le possibilit\'e0 di agire pi\'f9 liberamente aumentate. La necessit\'e0 di reagire comunque all'arte " ufficiale \'84 si fa sentire sempre pi\'f9 viva. Gli artisti iniziano proprio allora gli esodi in Francia, imposti da una " curiosit\'e0 \'84 che \'e8 sintomo di rinnovata vita\'aclit\'e0 e attivit\'e0 intellettuale. Ma accade, allora, che fa\'actalmente essi siano portati ad ammirare, come rivo\'acluzionarie, forme d'arte che erano, al contrario, le ultime elaborate conseguenze di una civilt\'e0 artistica che aveva fatto il suo tempo e, pienamente maturata, stava per cedere il passo ad una nuova civilt\'e0, quella dell'impressionismo. In tal modo, il De Tivoli e il \par \par FIG. 3 \par ROMA, COLL. PRIVATA - A. MANCINI: UNO SCUGNIZZO \par 148 \par Signorini rimasero affascinati dagli artisti di Barbi- zon come davanti ad una rivelazione, senza poter me- glio considerare che erano l'ultima espressione del romanticismo di Delacroix, che n\'e8 loro n \'e8 altri italiani prima di loro 3) avevano avuto modo di veramente conoscere: allo stesso modo che il Meissonnier e il Fortuny attrassero maggiormente che non Cour- bet o Degas. Cosicch\'e8 al sorgere del- l'impressionismo, e negli stessi anni che questo deve lottare per affermarsi proprio in patria, i nostri artisti erano costretti a difendere le nuove posi- zioni raggiunte: mentre per accostarsi al nuovo movimento francese e trarne largo profitto sarebbe stato piuttosto necessario aver e gi\'e0 tanto maturate da superarle. \par Ma tutto questo non vuol dire che i pittori italiani, pur avendo mancato l' incontro con l' impressionismo, che tuttavia conobbero, siano da lasciare realmente nell'angolino di piccoli pro- vinciali. Il criterio per pi\'f9 giustamente valutarli, allora, non dovr\'e0 essere quello dell'antico paragone con la nuova arte francese, 4) che li pone automatica- mente in una aprioristica posizione di inferiorit\'e0, ma piuttosto il rapporto con le reali esigenze storiche, di gusto e di cultura che ne determinarono l'at- tivit\'e0 in patria. Se li esami iamo e li valutiamo per quello che furono e non per quello che avrebbero potuto essere, per quello che cercarono e raggiunsero e non per quello che avrebbero potuto meglio attuare, e se soprattutto li sot- traiamo a una valutazione troppo ge- nerale e complessiva per ritornare alle positive qualit\'e0 dei migliori di loro (Lega, Fattori, Signorini, Fontanesi, ad esempio), si finir\'e0 per concludere che anche la pittura italiana di quel tempo dette al rinascimento artistico italiano, e pertanto europeo, un suo positivo apporto, denso di ricerche e di entusiasmi, che ha So- prattutto il pregio di continuare il naturale sviluppo della pi\'f9 schietta tradizione italiana - intendendo per tradizione non una passiva accettazione di problemi gi\'e0 risolti in passato, ma la somma di qualit\'e0 estetiche, psicologiche, morali, religiose, sociali e di gusto che distinguono i fondamentali caratteri di un popolo, di una scuola, e che affiorano nelle opere d'arte di ogni tempo appartenenti a quel popolo, a quella scuola. \par Che sia vero quello che sono andata esponendo \'e8 provato dalla reazione che molti artisti italiani ebbero, nel secondo Ottocento, di fronte a molti aspetti del- l'arte straniera. La maggior parte di loro trasse da quelle esperienze quel tanto che ba- stava ad arricchire i loro naturali carat- teri, e l'educazione ricevuta in patria - come avvenne nel Cammarano 5) In tali casi, che permettevano all'artista di mantenersi coerente con la propria originaria indole, le conseguenze furono indubbiamente positive. Ma ad altri, per i quali fu questione di aderire a forme di un'arte non affine o ingan- nevolmente affine alla propria originale educazione e a " modi \'84 a volte addi- rittura in contrasto con i loro tempe- ramenti, le conseguenze furono disa- strose. Tra questi ultimi, con gli esem- pi tipici del De Nittis e del Boldini, \'e8 Antonio Mancini: il quale trasse pro- prio da una simile esperienza motivo per inquinare pericolosamente le sue pi\'f9 belle e interessanti qualit\'e0 pitto- riche, che forse in patria avrebbe po- tuto salvare. \par Il Mancini era nato nel 1852 e gi\'e0 nel 1865 era entrato nell'Accademia di belle arti di Napoli. Nel 1866 dipingeva la ' Testa di donna ' della collezione Nitti di Genova (presente alla Mostra del Mezzogiorno), nel 1868 lo ' Scugnizzo ',6) di collezione privata romana gi\'e0 di casa Mancini e due anni pi\'f9 tardi il celebre ' Prevetariello che rimane una delle sue opere pi\'f9 originali e riuscite. A diciotto anni, dunque, il pittore aveva dimostrato di possedere una maturit\'e0 pittorica rara per la sua et\'e0 e originale per s\'e8 stessa: poich\'e8 il taglio del colore e l sun effetto sobrio e pur robusto e un'effica- cia psicologica realizzata in pieno fanno di quel quadro giovanilissimo un'opera compiuta, degna di un maestro. \par Eppure il Mancini ai suoi inizi non aveva seguito n\'e8 i pittori della scuola di Portici il cui creatore, il De Nittis, di sei anni pi\'f9 giovane di lui, poco in realt\'e0 era in grado di dargli a causa del suo lirismo " crepuscolare \'84 e sottilmente romantico, diverso dal pi\'f9 vivace temperamento manciniano - r:\'e8 la pi\'f9 vecchia scuola di Posillipo, con a capo il Gi- gante ancora vivo e attivo: scuole pur rivolte al mo- derno rinnovamento dell'arte napoletana secondo la migliore tradizione locale, che risaliva ai caravaggeschi e agli olandesi " italiani \'84 del Seicento. Il suo primo ufficiale incontro con la pittura lo aveva avuto, al contrario, per l'insegnamento del Postiglione e del Maldarelli, non certo vedette del nuovo orientamento pittorico locale. E quando il Mancini compie il ' Pre\'acvetariello ' \'e8 allievo di Domenico Morelli, del quale mostra di aver poco subita l'influenza - e, semmai, nei lati migliori - come non ne aveva subita dai pre\'accedenti maestri. Se ben si osservano alcune sue opere si notano preferenze coloristiche e di gusto che lo rendono molto vicino al Dalbono, a Gaetano Espo\'acsito, al Michetti, suoi condiscepoli alla stessa Acca\'acdemia. Baster\'e0 paragonare lo stesso primo ' Scugniz\'aczo ' con quelle coeve del Dalbono o del Michetti per rendersene conto facilmente: tutte hanno in comune il confessato amore per i begli incontri di colore. Tuttavia, pochi anni pi\'f9 tardi, quando il Mancini compone il ' Prevetariello ' (fig. 7), se il Dalbono gli \'e8 ancora vicino per una ricerca di piani pittorici di chiaro-scuro, l'Esposito compie, prima, la ' Scena orientale ' dell'Istituto di Belle Arti di Napoli che \'e8 di evidente, quanto superficiale imitazione morelliana, e poi un ' Interno di chiesa ', di collezione privata \par napoletana che \'e8 invece di imitazione michettiana. Il Michetti, a sua volta, d\'ec un pi\'f9 deciso avvio alla sua caratteristica " infiorata \'84 di colori. Pertanto, mentre l'Esposito e il Michetti decisamente si lasciano attrarre da un mero godimento cromatico che li di\'acstoglie assai spesso da un pi\'f9 severo rigore stilistico \par da un'essenziale ricerca psicologica e drammatica tanto della composizione generale quanto del perso\'acnaggio, per soffermarsi soprattutto al compiacimento per l'aneddoto, la cronaca minuta, la piacevole scena di genere che nel migliore dei casi diviene " ballata \'84 popolaresca a gusto folkloristico, pretesto comunque per usare una tavolozza troppo ricca di colori troppo smaglianti e accesi - nel Mancini e nel Dalbono si nota una ricerca pi\'f9 sapiente di un colore moderato \par giustapposto secondo ben definiti strati di chiaro\'acscuro. Tuttavia, anche la loro simiglianza contiene, in realt\'e0, una differenza sostanziale: poich\'e8 il Dalbono, pur dando ascolto ad una ricercata sapienza cromatica, si orienta poi anch'egli verso il racconto piacevole ma superficiale della " scena di genere \'84 , mentre Anto\'acnio Mancini rivela un linguaggio " realistico \'84 che non \'e8 soltanto presentazione di ambienti poveri ed umili, dove si muovono fatti della vita di ogni giorno colti nella loro immediata contingenza, ma piuttosto interpretazione di un mondo ben definito, che l'ar\'actista riesce ad esprimere con compiutezza di stile. Ci\'f2 \'e8 gi\'e0 molto evidente nel ` Prevetariello, e lo sar\'e0 poi in seguito nelle opere migliori: la serie degli ` scu\'acgnizzi , nella quale, oltre ad un omaggio ai " bassi \'84 della sua Napoli, egli ricerca il ricco e complesso animo del fanciullo partenopeo, che guarda con commossa simpatia. Baster\'e0 paragonare alcuni suoi quadri di tal genere con altri del Michetti o del Dalbono per essei del diverso significato del suo linguaggio. In essi il personaggio non ha pi\'f9 la piacevolezza esteriore e le leziosit\'e0 di molte cose ad esempio del Michetti, ma lascia affiorare una carica emotiva che \'e8 segno indubbio di originalit\'e0. Neppure fuori del\'acl'Accademia napoletana, lontano dai condiscepoli e dagli insegnanti, fossero pur questi il Morelli, il Man\'accini di tali opere ha equivalenti anche nella Napoli del suo tempo. N\'e8, si \'e8 gi\'e0 detto, il De Nittis; n\'e8 il Cammarano, che ha in comune con lui soltanto qualche predilezione coloristica; 5) n\'e8, e ancor meno, il Torna, la cui delicata lirica gentile \'e8 anch'essa di\'acversa dal mosso tormento manciniano. L'unico artista cui possa riferirsi, per vari e sostanziali aspetti, fu, al contrario, uno scultore, l'amico Vincenzo Gemito. Se ben si guarda, infatti, i due artisti hanno simile non soltanto il desiderio di accostarsi con entusiasmo \par sincerit\'e0 al semplificato mondo di una natura vista nelle manifestazioni pi\'f9 schiette e ad un'umanit\'e0 " spicciola \'84 , di tutti i giorni - carattere che li por\'acrebbe entrambi soltanto sul piano del cosiddetto \par gusto " naturalistico \'84 o " realistico \'84 di molti artisti italiani in reazione all'aulicit\'e0 " ufficiale \'84 della pittura neo e post-neoclassica - ma altres\'ec l'anelito verso una pi\'f9 acuta e penetrata indagine psicologica, che fa dei loro personaggi i veri interpreti del dramma raf\'acfigurato. \par Si guardino, ad esempio, del Mancini ' Scugnizzo ' (fig. 3) ' Il piccolo savoiardo ', ' Il violinista ' (fig. 2), ' Il cerinaio ', ' Scugnizzo con salvadanaio ' (fig. i), ' Bam\'acbina nuda ' (fig. io) e si guardino poi il busto del ' Fio\'acciniere ', ' U ' malatiello', 'Pescatorello', ' Scugnizzo', ' Moretto', il disegno del ' Pescatore ', il 'Ritratto di Guido Marvasi' del Gemito (figg. 6, q, 5, 11). Oltre qua e l\'e0 alle evidenti eguaglianze dei tratti somatici - data la nota stretta amicizia tra i due non \'e8 certo da escludere che si servissero realmente dello stesso modello - scorgiamo lo stesso appassionato amore per l'infanzia dei poveri " luciani " - nei quali rivede\'acvano, in fondo, la loro stessa infanzia, con il suo indimenticabile bagaglio di umiliate sofferenze e silen\'acziose rinunce. \par Tanto il Mancini, dunque, quanto il Gemito sco\'acprirono un mondo di " realt\'e0 \'84 che, nelle opere migliori, tradussero, l'uno e l'altro, con un originale linguaggio poetico. Tuttavia non \'e8 questione di par\'aclare di un' " identit\'e0 " fra di loro: che implicitamente ammetterebbe, in uno, l'imitazione. Una differenza tra i due artisti - differenza che ha il pregio di la\'acsciare a ciascuno la propria fisionomia - infatti esiste. Mentre Vincenzo Gemito portava il culto dell'indi\'acviduo al di l\'e0 della ricerca psicologica, interessato an\'acche alla sua " bellezza \'84 fisica e tipologica, e mentre il suo atteggiamento nella stessa interpretazione psico\'aclogica era mosso da una ottimistica visione della vita, che riesce comunque a trionfare sul dolore e sulla miseria (assai pochi sono i fanciulli di Gemito che non ridano felici, paghi soltanto di vivere, come pochi sono i suoi personaggi che non superino, in grazia di tale abbandono edonistico e almeno per una eccezionale vigoria di carattere, la contingenza della loro umile vita) - Antonio Mancini si sofferma pi\'f9 volentieri ad assaporare l'emozione lirica agitata dalla tristezza e dalla malinconia le quali pone sem\'acpre in risalto senza tentare di reagire rasserenandosi (nelle opere migliori, s'intende: quelle, cio\'e8, nelle quali non indulge a qualche sospetto di certa enfasi, sia pur essa sottile o " di sfondo \'84). \par \'e8 difficile poter dire con precisione oggi a quale dei due artisti debba assegnarsi la " priorit\'e0 \'84 della scoperta del loro comune mondo artistico. Infatti, se si guardasse soltanto alla cronologia delle opere, essa spetterebbe al Mancini, che nel 1868 terminava il primo ' Scugnizzo ', mentre, da quanto mi risulta, soltanto due anni pi\'f9 tardi Gemito inizia la serie dei " luciani " coi busti qui riprodotti, tutti 7> del \par \par FIG. 7 - NAPOLI, MUS. S. MARTINO - A. MANCINI \par IL " PREVETARIELLO \par 187o. In questo caso, Vincenzo Gemito avrebbe preso dall'amico se non altro lo " spunto \'84 per la ricerca di quei personaggi certamente tra i pi\'f9 adatti a rappre\'acsentare il mondo sociale da lui prediletto per affinit\'e0 e inclinazione naturale. Tuttavia, poich\'e8 potrebbero esservi altre sculture gemitiane - che io non conosco - anteriori al 1868, non posso essere certissima, ora, \par \par FIG. 8 - ROMA, COLL. PRIVATA - A. MANCINI SALTIMBANCO DOPO LO SPETTACOLO (PARTIC.) \par \par di poter concludere su questo punto. Certa, io credo, \par comunque l'originale affinit\'e0 stilisti. dei due artisti. Ma tale affinit\'e0 - anche se il loro destino con\'actinua ad avere, bicgraficamen e, interessanti analogie - \par allorch\'e8 il Mancini\tab \par complesse e intellettualmente elaborate- che, se furono a volte per lui un pericolo di perdere il suo ca- rattere migliore, e cio\'e8 la vigoria di una pura schiettezza popolana, tuttavia non gli impedirono, data la sua pi\'f9 forte natura, di ricordare anche negli ultimi anni a migliore se stesso e di e= re quasi un collaudo - it Mancini seguir\'e0 una via egualmeme dissimile E s pi\'f9 vero temperamento,no fortunatodell'am \par occasioni per reagir E la serie, allora, delle d nn ~Iridanciane, m dai volti nali, d duetti di personaggi che, in luogo c di v rappresentare momenti di sereno abbandono, come il loro atteggia. mento suggerirebbe, non so. che forme indefinite e diluite nella densit\'e0 del colore. In tali quadri, in pi\'f9 egli sembra voler apertamente imitare Gemito nel descrivere lo spensierato riso di vite felici quasi \par ora, di \par purtroppo facileE Mancini abbandonarsi all'amore per cromatismo\tab \par di esistere per se stessi n\'e8 in forza di un dramma cu alludere: l'equilibrio cromatico e la pacata ma intensa ricerca psicologica del Mancini migliore sono da tutto \par tale proposito baster\'e0 osservare il 'Saltimbanco \par dopo lo spettacolo "( - presentatoinedito alla mostra del Mezzogiorno - (fig. 8). In esso notiamo un inte- ressate particolare, che varr\'e0 ad orientare per la datazione non nota e Per indicarci, appunto, il dua\'aclismo dello stile manciniano. Nd volto del fanciullo, infatti, ritroviamo - oltre al ricordo delle figure del Gemito - la primitiva poesia manciniana, quella dello stanco languore di un'infanzia trite che ha per- \par duto or\tab anche ogni traccia di sorriso:55!!,,!; nella pare inferiore, che comprende il braccioener il \par drappo, scorgiamo indubbi i segni di quella " confu\'acsione \'84 che sar\'e0 ormai la pi\'f9 spiccata ca rattestica del suo autore (anzi l'unica, per alcuni, come\tab Per la pi\'f9 adatta esprimere il " vero \'84 Mancini). \par TAe deciso e Perseverante o \par niano verso l'esuberanza cromatica ritrovasue muse storiche nell'adesione a quellae di gusto che ebbe in Europa cr re il Fnrtuny. II gusto frivolo e superficiale, pericolosamente piacevole di questo pitto\'acre spagnolo era gi\'e0 entrato in Francia ein Italia con la \par \par tori rivolti\tab rappre\tab e l'aneddoto ela scena di \par genere con vivacit\'e0 d\'ec colore - come il Michetti a Napoli e il Ciardi a Venezia, per esempio - nell'ac \par costarsi \par alla pittura del For uny finirono\tab n l'entu \par siasmarsi alla sua grande fortuna e popolarit\'e0, che \par sembrava autoriz.re l'eccesso dei loro st \par ri.Vitti a\tab l illus\tab e fu anche il Mancini, nativi \par ualche tempo dopo il diretto incontro con ilFotuny a Roma, tr e il Morelli, si costrinse a percorrere quella strada cthe nei primi anni, senza affascinarlo, gli si era mostrata al bivio tra il piacevole racconto can- \par tato in chiave riccamente\tab maggiore \par equilibrio e\tab eri. stilistica. oAbbiamo allora perfino \par le scene di genere con figure in abiti settecenteschi, dove il giuoco del colore, che soffoca qualsiasi rap\'acporto con la realt\'e0-vale a dire la migliore possibilit\'e0 del Mancini di esprimere il su realismo \'84 - decisamente portato allo scoperto (fig. q). E tale giuoco " alla Fortuny \'84 - che l'artista, ricordando di essere di per s\'e8 un pittore originale, vuol rendere ancora pi\'f9 vario a suo modo - gli suggerisce di giun \par 152 \par gere a quei noti eccessi con cui rende il colore anche " fisicamente \'84 pro- tagonista del quadro: arricchendolo, per un mezzo puramente meccanico, di materia rifrangente la luce in tinte colorate, come la madreperla o il vetro sminuzzato. Le sue ultime opere, come ' Il giuoco delle carte o ' In giardino' del 1919 (quest'ul- tima nel 1922 nella collezione Brii- sadelli di Milano) sono appunto l'estrema conseguenza di una fatale deviazione che cost\'f2 al Mancini l'af- fievolirsi delle sue immagini pi\'f9 belle. \par Per quel che riguarda l'indubbio desiderio del Mancini di astrarsi dal soggetto per perseguire il puro effetto del colore, qualcuno ha detto che sarebbe possibile scoprirvi un significato storico di importanza non trascura- bile, che costringerebbe ad introdurre il Mancini in un momento d'arte a noi pi\'f9 vicino. Infatti, il suo atteggiamento di assolutismo cromatico potrebbe essere molto prossimo al problema, cos\'ec attuale an- cora, del superamento del soggetto per raggiungere la pura sinfonia del colore. Tuttavia, se \'e8 innega- bile che tale problema \'e8 stato, in qualche modo, da lui proposto, mi sembra che, nelle soluzioni - e quindi nei frutti che oggi avrebbe dovuto darci il pittore - sia poi rimasto sopraffatto da molti legami con la vecchia scuola: per cui la sua " intenzione se realmente ci fu, potrebbe essere valida polemica- mente, ma resta costretta, proprio da quei legami, a volgersi al passato, piuttosto che, in modo pi\'f9 pro- ficuo, al nostro presente. \par Sta di fatto per\'f2 che, malgrado deviazioni ed equi- voci, il Mancini rimane un artista interessante non soltanto perch\'e8 esponente delle ricerche e degli orien- tamenti vivi al suo tempo a Napoli e in Italia, ma anche perch\'e8, con le sue migliori opere, seppe, insieme con Vincenzo Gemito, elevarsi al disopra del puro signi- ficato storico tentando di ritrovare, e spesso riuscen- dovi mediante un originale linguaggio, quel reale legame con la realt\'e0 del mondo in cui viviamo e che facciamo vivere e che comprende la natura e i nostri sentimenti - vale a dire le nostre reazioni ad essa - realt\'e0 che era pur dimenticata da quegli stessi che, negli stessi anni, la ponevano a vessillo delle loro ricerche. 14) \par \par \par }